Cronaca di famiglia



 LA SAGA DEI BARDANZELLU


Secondo Lorenzo Manconi (cfr.: Dizionario dei cognomi sardi, Cagliari 1987) e Massimo Pittau (cfr.: I cognomi della Sardegna, Roma 1992) il cognome Bardanzellu ha una derivazione di mestiere. I Barrantzellos erano una milizia cittadina, organizzata in gruppi di 30 volontari più un Capitano e un Tenente, impiegata per reprimere i furti di bestiame e, spesso, anche il banditismo.

Erano gli allevatori stessi a comporre la milizia volontaria e a corrispondere agli ufficiali (cioè i Barrantzellos veri e propri) una specie di contributo assicurativo sui propri armenti. In cambio, i Barrantzellos s’impegnavano a risarcire i danni causati da furti, atti vandalici e sconfinamenti del bestiame che non riuscivano a recuperare e a punire.

La prima citazione della loro esistenza risale al 1572 ed è una petizione del Sindaco di Sassari al Parlamento Sardo, con la quale si chiedeva di estendere a tutta l’Isola la giurisdizione di tali milizie. Oggi sono detti “Barracelli” e in alcuni paesi della Sardegna esistono ancora.

A Luras, consultando i quinque libri (cioè i registri dei battesimi, dei matrimoni e dei defunti) dell’Archivio Storico della Chiesa parrocchiale Nostra Signora del Rosario, siamo risaliti all’indietro nel tempo per oltre tre secoli, sino al primissimo documento in cui compare un membro della famiglia: un atto di matrimonio in lingua sarda del 26 maggio 1694, ove, tra i testimoni, è citato tale Giovanni Bardancellu. Tale atto è anche il più antico rescritto di tutto l’archivio parrocchiale. Siamo così riusciti a documentare la presenza più antica del cognome Bardanzellu, nella sua forma attuale (e, prima del 1730, come Bardancellu) e a ricostruire per undici generazioni l’albero genealogico di famiglia senza lacune particolarmente significative.

Il risultato finale delle nostre ricerche ha dimostrato l’esistenza di almeno tre gruppi familiari che, in un periodo non anteriore alla fine del XVII secolo, hanno cominciato a sostituire il proprio cognome originario - che risulta essere stato “Addis”, cioè un cognome molto comune in Gallura - col soprannome derivante dal loro mestiere (il poliziotto rurale o “barracello”) e a trasmetterlo ai propri discendenti. Intorno al 1711-12, tale processo sembra essersi completato.

Nel libro "Banditi. Storia dell’ammutinamento di Gallura" di Giovanni Francesco Ricci, è descritta una vicenda che potrebbe essere la più antica impresa documentata dei Bardanzellu. Si cita infatti, nel settembre-ottobre 1725, l'arresto nelle campagne di Osilo, di tale Pier Paolo Mossa, piccolo delinquente abituale di Luras, per furto di bestiame e resistenza ai barracelli. Che quest'ultimi fossero proprio i nostri antenati è fortemente indiziato da quanto si legge nell'archivio parrocchiale di Luras, secondo cui, l'anno precedente, il Mossa aveva sedotto e messo incinta Maria Gerolama, sorella di Antonio e Giovansanto Bardanzellu, senza acconsentire nemmeno a un matrimonio "riparatore". I fratelli di Maria Gerolama erano sicuramente due barracelli, avendo cambiato il proprio cognome alcuni anni prima dall'originale Addis. A quanto pare il ladruncolo, dopo aver osato violare l’onore di una sorella dei barracelli, aveva pensato di farla franca svolgendo altrove l’attività di abigeatario, ma aveva sottovalutato l’efficienza e la testardaggine dei nostri antenati!

A Tomaso Bardanzellu (n. marzo 1716) attraeva la vita della costiera Terranova/Olbia. Non che, all’epoca, l’antica Capitale del Giudicato di Gallura fosse niente di trascendentale: esposta alle scorrerie dei pirati saraceni, infettata dai miasmi della malaria, la cittadina era compresa in un quadrilatero di due ettari e mezzo scarsi, costituito da sei strade parallele in direzione est-ovest, incrociato da due strade in direzione nord-sud. tuttavia, Terranova era una città libera, con il suo Podestà, il suo “Consiglio commutativo” (comunale), e le sue “imparziali” cariche amministrative. Tomaso comprese subito le opportunità che gli poteva offrire un’economia portuale, pur ai minimi termini, rispetto alla piccola patriarcale Luras. Magari accasandosi con una fanciulla proveniente da una famiglia dominante: Agostinanna Puzzu.

Lo scrittore Francesco De Rosa, nel suo libro "Tradizioni popolari di Gallura", Tempio 1899, annovera i Bardanzellu tra le famiglie più agiate e rispettate di Terranova, che hanno il "privilegio" di seppellire i propri defunti nella cripta della Basilica di San Paolo. Tali famiglie erano probabilmente quelle che avevano contribuito alla riedificazione della Chiesa nel 1747. All'epoca, la sola famiglia Bardanzellu presente ad Olbia era quella di Tomaso e Agostinanna Puzzu. Recenti scavi hanno clamorosamente confermato l'esistenza di tali cappelle funerarie nella cripta della cattedrale olbiese. La cappella riservata ai defunti della famiglia Bardanzellu era quella del Cristo Redentore (insieme alla famiglia Brandanu); in essa furono sepolti i componenti del ramo olbiese almeno sino al 1835, data di apertura del “cimitero vecchio” di Olbia.

Tomaso Bardanzellu fu senz’altro un uomo che guardava avanti: fece in modo che i suoi tre figli acquisissero un’istruzione; ed essi, costituirono l’élite culturale e amministrativa della Terranova/Olbia, nel trentennio a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo. Le ricerche condotte, infatti, hanno messo in luce un ruolo assolutamente di primo piano, ricoperto da Antonio Bardanzellu e dai suoi fratelli Francesco e Giovanni.

Nel 1796, infatti, Antonio risulta concessionario dello sfruttamento delle saline di Terranova e della vendita del sale in tutta la Gallura. L'8 marzo 1802 presentò istanza al Viceré di Sardegna di poter cumulare la carica di "Guardia Reale" con quella di Comandante della Cavalleria miliziana. Col termine "Guardia Reale" doveva intendersi probabilmente "Guardia costiera", un corpo che dipendeva funzionalmente dal Deputato di sanità e che doveva evitare che approdassero bastimenti sprovvisti del necessario nulla osta sanitario, onde prevenire contagi. La richiesta venne accolta. Nel 1805, fece istanza al Viceré di Sardegna di poter ricoprire la carica di Deputato di Sanità di Terranova (corrispondente all'incarico di Ufficiale Sanitario), all'epoca vacante, dichiarando di effettuarne già le funzioni "ad interim".

Giovanni Bardanzellu, fratello minore di Antonio, è ricordato come Notaio in Terranova/Olbia. Da quanto risulta all'Archivio di Stato di Cagliari, Giovanni ricoprì per circa un ventennio (1785-1804) la carica di Scrivano della Curia di Terranova, corrispondente a quella dell'odierno Segretario generale del Comune e, come tale era il collaboratore più stretto del Podestà ( = Sindaco), che spesso sostituiva nelle funzioni di Deputato di Sanità (vedi sopra) e da cui veniva delegato per svolgere indagini su episodi che minacciassero l'ordine pubblico. Svolse per lungo tempo i suoi compiti di primo collaboratore del Podestà di Terranova e, nel 1805, una volta dimessosi, fece presente al Viceré di Sardegna che il Comune gli doveva ancora il pagamento della parcella per complessive 128 lire (corrispondenti al valore odierno di una piccola mandria di 17-18 buoi.)! L' 8 marzo 1802 aveva altresì presentato istanza al Viceré di poter cumulare la carica di Scrivano della Curia con quella di Comandante della Fanteria miliziana, un corpo militarizzato preposto alla tutela dell'ordine pubblico. La richiesta venne accolta. Nel mese di maggio 1808, infine, fu nominato da Re Vittorio Emanuele I Sostituto Procuratore fiscale di Terranova; per tale carica, corrispondente a quella dell’attuale viceprefetto, era richiesto il titolo di laurea.

Nel luglio 1791, un terzo fratello, Francesco Bardanzellu, risulta rivestire la carica di Censore di Terranova, cioè di Revisore dei Conti dell'amministrazione comunale. Ciò dimostra che anche Francesco sapesse leggere e scrivere, in un ambito in cui gli alfabetizzati erano non più di una trentina.

Nell’età della Restaurazione (1815-1848), la concessione sullo sfruttamento delle saline olbiesi era passata dai Bardanzellu ai fratelli Pietro, Leonardo e Giovanni Maria Puzzu che ben presto occuparono anche gran parte delle cariche delle milizie cittadine.

Il risultato fu un periodo di prepotenza e soprusi, per la città di Terranova, nel quale fu coinvolto anche Giovanni Maria Bardanzellu, figlio di Antonio, militare di carriera (Cacciatore di Sardegna) e uno degli autori, in concorso con il Brigadiere Francesco Rasseval, di un grave fatto di sangue avvenuto in uno stazzo di Terranova: la morte violenta dei pastori Antonio Azara e Andrea Minuti "Scaccadu", dei figli di quest'ultimo, Martino e Pietro, nonché del ferimento della nuora Maria Azara.

Mentre i tre fratelli Puzzu, come mandanti per avere ordinato il fuoco (essendo Pietro e Leonardo capitani della fanteria e della cavalleria cittadina), subirono soltanto pene minori, gli esecutori materiali del plurimo omicidio furono condannati a morte il 22 agosto 1822. A nulla valse l’aver sostenuto di aver reagito alla resistenza opposta dagli uccisi al mandato della forza pubblica; l'impiccagione sembra che sia stata eseguita a Sassari l'anno successivo.

Anche a Luras il destino di questa generazione fu spesso violento. Antonio Bardanzellu detto “Rais”, pastore, risulta aver concluso cruentemente la propria esistenza, ucciso il 23 dicembre 1817 da tale Giovanni Pirisinu Gaddia, per motivi rimasti sconosciuti.

A Luras, Tomaso, fratello maggiore di Giovanni Maria, era un allevatore che possedeva il censo richiesto per entrare a far parte del Consiglio commutativo (=comunale) della cittadina gallurese. Era anche alfabetizzato, in quanto firmava i verbali di proprio pugno e non con segno di croce. Visse sino a ottacinque anni circa, un'età straordinaria, per l'epoca. Dal certificato parrocchiale desumiamo che il vegliardo sia stato colpito da un colpo apoplettico e che sia deceduto prima che gli fossero somministrati i sacramenti in articulo mortis; pertanto il sacerdote aveva provveduto ad assolverlo sub condicione e a tumularlo nella Chiesa di San Giuseppe di Luras (1850). Giuseppe Bardanzellu (n. Olbia nel 1819), fratellastro minore dei precedenti, fu agente consolare di Francia a Terranova tra il 1853 e il 1858.

Giorgio Bardanzellu (1794-1863), figlio di Tomaso, fu una personalità rilevante in Luras: dai verbali del consiglio comunale si evince che sia stato consigliere comunale quanto meno dal 1841 al 1854 e nel biennio 1861-62. Fu inoltre eletto Sindaco di Luras nel 1844. Possedeva, quindi, il reddito richiesto per essere eletto ed elettore nel sistema dell’epoca ed era acculturato: così come il padre, infatti, risulta firmare di proprio pugno i verbali di Consiglio e non con segno di croce. Tra l’amministrazione di Luras e Giorgio Bardanzellu, tuttavia, non furono sempre rose e fiori. Nel 1854, infatti, il Comune si oppose alla chiusura (in base all’editto sulle “chiudende”), da parte del notabile, di un terreno comunale posto ai margini dell’abitato in località S’Alzoledda, motivando tale divieto con il pubblico interesse. Avendo Giorgio proseguito indisturbato, il Consiglio comunale di Luras adì le vie legali presso il Tribunale di Calangianus. Non è dato di conoscere l’esito della sentenza.

Un'altro personaggio di primo piano della cittadina gallurese fu Giovansanto (o meglio, Giò Santo) Bardanzellu (1812-1865). Anch'egli rivestì importanti cariche politico-amministrative nel Comune di Luras, possedendo, quindi, il reddito richiesto per essere eletto: fu pressoché ininterrottamente Consigliere comunale dal 1844 sino alla sua morte (1865); fu eletto Sindaco nel 1850 e Assessore supplente nel biennio 1861-62; era anch’egli alfabetizzato, in quanto risulta firmare di proprio pugno i verbali di Consiglio. Nel verbale del 15 giugno 1854, Giò Santo Bardanzellu è citato come “negoziante”; il Consiglio comunale lo nominò amministratore della chiesa parrocchiale, ma non accettò la carica. Sua moglie Quirica Pinna visse sino a novantatre anni d'età e fu sorella, zia e consuocera di altri quattro sindaci luresi e di almeno undici consiglieri comunali.

Don Antonio Bardanzellu Rais, nato tre mesi dopo la morte cruenta dell'omonimo padre (vedi generazione precedente), entrò nel sacerdozio e fu parroco di Luras già nel 1849 e sicuramente sino al 1853. In tale anno cominciò a svolgere le funzioni di segretario comunale e redasse i verbali delle riunioni di Giunta e di Consiglio per un biennio. Successivamente fu ingiustamente coinvolto, come mandante, nel processo per l'omicidio di Paolo Careddu "Tignosu" e del ferimento di Carmine Satta, avvenuto il 7 settembre 1858 in Luras, località Abbafritta, e per il quale il 24 settembre dello stesso anno erano stati arrestati l'agricoltore Baingio Cossu e il possidente Giuseppe Pirisinu. Tutti e tre gli imputati furono poi assolti per insufficienza di prove dalla Corte d'Assise di Sassari. Nel 1862 don Antonio fu tra i sottoscrittori, insieme ad altri 8.942 sacerdoti, di una petizione presentata da Carlo Passaglia, direttore del periodico "Il Conciliatore", in cui si chiedeva al Papa Pio IX la rinuncia al potere temporale; tale atto provocò una immediata persecuzione dei suoi firmatari. Fu tuttavia ancora segretario comunale del paese tra il 1861 e il 1865 e nuovamente parroco di Luras nel 1893; scomparve alla bellezza di 93 anni e mezzo.

Anastasia Maria Bardanzellu di Terranova fu una delle donne più ricche della cittadina costiera. Sull’Almanacco gallurese 2006-07 è stata pubblicata la sua denuncia di successione presentata nel 1858 relativamente a tutti i beni già di proprietà del suocero Pietro Puzzu, in quanto vedova dell’unico figlio superstite di quest’ultimo (Tomaso Michele). L’elenco dei beni immobili è cospicuo, e concerneva in appezzamenti di terra per oltre 60 ettari; tre vigne comprendente circa 45.000 piante di vite; 22 case terrene situate nell’abitato di Terranova, due “fondachi” e un “palazzotto” . Quest’ultimo era detto il “Palazzo del Barchile”, ed era composto da 9 stanze, due barchili, una cisterna ed un cortile; ancora oggi troneggia sulla centrale Piazza Regina Margherita di Olbia.

Arruolato nell’Esercito Italiano il 12 aprile 1861, Agostino Bardanzellu (1840-1931) frequentò per due anni la Scuola militare di Fanteria di Modena, e conseguì il grado di sottotenente il 24 giugno 1863. Fu subito assegnato al 55° Reggimento di Fanteria “Marche”, all'epoca impiegato nella repressione del brigantaggio meridionale in Capitanata (1863-65). Inquadrato in tale grado combatté anche nella III Guerra d’Indipendenza (Veneto, 1866). Trasferito poi al 58° Reggimento “Abruzzi”, combatté per la Presa di Roma (1870). Fu quindi promosso al grado di Tenente nel 1873, e, nel 1882, fu nominato Capitano del 43° Reggimento di fanteria “Forlì”. Il 1° gennaio 1891 fu ammesso all’Ordine della Corona d’Italia e promosso Maggiore; quindi fu trasferito, prima al 49° Reggimento “Parma” e poi al 30° Reggimento Pisa/Assietta. Collocato, nel 1895, in posizione di servizio ausiliario, fu poi promosso Tenente Colonnello e nominato Cavaliere dell’Ordine dei S.S. Maurizio e Lazzaro (23 giugno 1898). Dopo essere stato collocato a riposo nello stesso anno, fu, infine, nominato Colonnello nel ruolo degli ufficiali di riserva. Fu il primo Bardanzellu ad attraversare il Mar Tirreno e a trasferirsi in continente; morì a novantuno anni nella Capitale.

Negli anni ruggenti di fine secolo, l’Italia Unita intraprende una velleitaria avventura coloniale, che si interrompe bruscamente il 1° marzo 1896 ad Adua. In quella disastrosa battaglia, insieme ad altri 5.179 commilitoni, perisce Antonio Bardanzellu Rais, omonimo del parroco di Luras. Il suo sacrificio è ancor oggi ricordato sul monumento ai caduti posto nel cimitero di Luras e su una lapide commemorativa, nella Piazza Gallura di Tempio Pausania.


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